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LA PREGHIERA DI ADORAZIONE  ( 3 )

N. 23

 

“Tu, che dimori nel profondo

del mio cuore,

fammi giungere fino a Te,

nel profondo del mio cuore…”.

(dal testo ebraico del Talmud)

 

L’incontro….

La preghiera d’intercessione, come anche quella di lode, sono preghiere “affollate”: infatti preghiamo per gli infermi, per i missionari, per il Santo Padre…

Nell’adorazione sparisce tutto il mondo e rimaniamo soli: Lui e io.

Se non riusciamo a rimanere soli, Lui ed io, non c’è incontro vero.

Potrei trovarmi in un’assemblea di preghiera, tra cinquemila persone che pregano e acclamano; o potrei essere solo nella mia stanza, ma se non rimango solo con il mio Dio, non avrò un incontro reale con il Signore.

Ogni incontro è intimità e ogni intimità è recinto chiuso.

Tutto ciò che è decisivo è solitario: le grandi decisioni si prendono da soli, si soffre da soli, si muore da soli, il peso di una responsabilità è il peso di una solitudine.

L’incontro con il Signore si consuma da soli, anche nella preghiera comunitaria.

L’incontro è, dunque, la convergenza di due “solitudini”.

Ecco qui la grande sfida per realizzare l’incontro di adorazione: in quale maniera arrivare, attraverso il silenzio, alla mia solitudine e alla “solitudine” di Dio?

Per conseguire tutto ciò, devo far tacere i clamori esterni, i nervosismi, le tensioni e tutta la mia turbolenza interiore, fino a percepire, in pieno silenzio, la presenza di Dio.

Infatti, per adorare Dio in spirito e verità, devo  “rivestirLo” di silenzio.

I Profeti provengono dal deserto: dalla distesa immobile della monotonia, emerge il Signore nella sua “solitudine”.

Questo non significa che per adorare dobbiamo cercare le sabbie ardenti di un deserto.

Si parla in senso figurato.

Abbiamo tuttavia bisogno di alcuni elementi del deserto: il silenzio e la solitudine.

Durante la preghiera di adorazione, Dio è “solo”, l’uomo è “solo”: avanziamo verso la convergenza di queste due “solitudini”.

Entra e chiudi la porta …

Dall’alto della montagna, di fronte ad una moltitudine, Gesù aveva proclamato il programma del Regno (Matteo 5).

Ora stava dicendo che per adorare non è necessario un lungo discorso, né un luogo privilegiato e pubblico, basta entrare nella stanza interiore, chiudere bene le porte, incontrarsi con il Padre e restarsene con Lui (Matteo 6,6).

Facile cosa è chiudere le porte di legno e socchiudere le finestre di vetro.

Ma nel nostro caso si tratta di qualche cosa di molto più impalpabile.

Quella stanza interiore è un’altra stanza, quelle porte sono altre porte e quell’entrare un altro entrare.

Perché appaia Dio, perché la sua presenza nella fede si faccia densa e consistente, è necessaria un’attenzione aperta, lontana da ogni fonte di distrazione.

La maggior parte del cristiani resta fuori dalle esperienze forti di Dio perché non sa fare questo difficile ed indispensabile lavoro prima dell’incontro.

Sono molte le anime che, per mancanza di preparazione sistematica, rimangono ferme in una misera mediocrità.

Vivono alla superficie dell’orazione coloro che non si preparano; e non si preparano perché manca loro un reale interesse.

Noi non possiamo incrociare le braccia, alzare gli occhi e attendere la pioggia.

Nell’impiegare i mezzi che abbiamo a disposizione, noi dimostriamo che cerchiamo il volto del Signore in spirito e verità  (perché il Padre cerca tali adoratori).

Noi prepariamo il terreno…..

Il Signore manderà la pioggia. 

“Abbiamo bisogno di trovarti, o Dio.

Più riceviamo nel silenzio della preghiera,

più daremo nella vita attiva.

Abbiamo bisogno di silenzio

per smuovere le anime.

Abbiamo bisogno di trovarti, o Dio.

L’importante non è ciò che diciamo,

ma ciò che Tu dici attraverso di noi.

Tutte le nostre parole saranno vane

se non vengono da Te.

Resteremo certamente poveri

Finché non avremo scoperto le parole

che danno la luce di Cristo.

Resteremo ingenui, finché

non avremo imparato

che ci sono silenzi più ricchi

dello spreco di parole.

Resteremo degli inetti,

finché non avremo compreso che

a mani giunte si può agire meglio

 che agitando le mani.

Abbiamo bisogno di trovarti, o Dio!”

(Mons. Helder Camara)