FIDANZAMENTO E MATRIMONIO


(Pedron Lino)

 

La vocazione al matrimonio

Il matrimonio è prima una grazia che una scelta. In esso sono coinvolti il Padre, il Figlio incarnato Gesù e lo Spirito Santo.

Nella visione cristiana il matrimonio è un dono gratuito soprannaturale, un progetto eterno di Dio che ci ha pensati uomini e donne in Cristo.

Il matrimonio quindi non è vocazione per il fatto che il giovane sente un’inclinazione, una spinta naturale , che lo porta verso l’altro sesso. All’origine di ogni matrimonio cristiano sta un atto eterno di Dio che ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità (Ef 1,4). Il matrimonio è quella relazione a due che prende origine e si modella sull’alleanza che lega Gesù alla Chiesa: Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata (Ef 5,25-27).

Il matrimonio, modellato sull’alleanza di Cristo con la sua Chiesa, si uniforma a questo mistero d’amore: il coniuge che entra nell’alleanza matrimoniale diventa salvatore dell’altro, viene mandato in missione da Dio all’altro perché entrambi diventino santi. Il rapporto è diventare salvatore dell’altro come Cristo è Salvatore della Chiesa.

La scintilla della vocazione al Matrimonio scaturisce da un atto d’amore di Dio che ci precede.

I due sono pensati, amati e voluti da Dio come coppia, ossia due diventati uno, per l’attuazione di un progetto che richiede la vita coniugata per essere realizzato. Essi sono capaci di dirsi il sì reciproco e definitivo dell’amore perché Gesù, il Figlio obbediente fino alla morte di croce (Fil 2,8) li rende capaci con la grazia sacramentale del matrimonio. L’alleanza coniugale fonda le sue radici nel cuore del Cristo Crocefisso, che ha dato se stesso per la Chiesa sua sposa, dicendole il suo sì d’amore.

Nella visione cristiana il matrimonio è un libero ingresso nell’alleanza di Cristo con la Chiesa e dunque presuppone la vita nuova nata dal battesimo e alimentata dall’eucaristia che è la comunione di vita con Gesù. Quindi il matrimonio non è un assoluto, ma rimane relativo a Gesù che è l’unico assoluto: è il cammino specifico degli sposi per vivere la sequela di Gesù, cioè di essere santi a lode della gloria di Dio.

Dire che il matrimonio è un sacramento significa che la vita matrimoniale è resa capace di contenere e di esprimere la vita di Gesù. Questo sacramento ci mostra quanta trascendenza comporti il matrimonio cristiano rispetto all’esperienza puramente umana dell’amore di coppia. Ma quale forma di vita matrimoniale è idonea a esprimere la vita di Gesù? Evidentemente quella che unisce l’uomo e la donna in una comunione profonda, fedele, indissolubile e feconda, come è l’unione di Cristo con la sua Chiesa. Nella coppia cristiana Gesù non è presente solamente come modello, ma soprattutto come Salvatore perché anche il matrimonio è stato ferito dal peccato e gli sposi devono essere liberati da Cristo dalla durezza del cuore, dall’egoismo, dall’incapacità di amare (Mt 19,8). Il matrimonio chiama due persone a vivere una vita rinata, quella dell’uomo nuovo, che è Gesù (2 Cor 5,17; Gal 6,15) e per questo occorre un cuore nuovo, ossia la grazia di Dio che rende possibile un nuovo e forte impegno morale.

Questa esistenza nuova è del tutto originale rispetto ai modelli proposti dalla mentalità del mondo (Rm 12,2); è un’esistenza vissuta secondo Dio nella giustizia e nella santità vera (Ef 4,24). Gli sposi, accettando la visione cristiana del matrimonio, si espongono al rischio di non essere compresi da coloro che seguono l’andazzo del mondo. Lo stare con Gesù e seguire gli insegnamenti del suo vangelo comporta infatti il portare la croce, il vivere i suoi sentimenti (Fil 2,5) e il diventare testimoni della sua risurrezione. Anche gli sposi cristiani dovranno, come Gesù nei riguardi della Chiesa, dare la vita l’uno per l’altro e insieme per i figli e per il mondo intero.

Per capire questo dono, per accogliere il matrimonio come mistero, per avvertirne tutta la trascendenza, per goderne la ricchezza e gustarne la gioia occorre uno sguardo contemplativo. Solo chi ne percepisce la grandezza reale può aprirsi alla lode e al ringraziamento verso Dio che opera tali meraviglie.

Vivere la vita coniugale come luogo della sequela e dell’imitazione di Cristo, come celebrazione dell’alleanza, come reciproca salvezza ed educazione nella fede, è opera dello Spirito Santo, sorgente di ogni vocazione.

La vocazione e la missione della Chiesa è una sola, e ogni vocazione, anche quella coniugale, inserisce il cristiano nella missione della Chiesa: A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune (1 Cor 12,7). Ogni vocazione è sempre per la missione e il servizio. Diventare marito e moglie nel Signore è una chiamata a diventare coppia e famiglia, ma anche a mettersi al servizio della Chiesa per la sua missione nel mondo.

La grazia del fidanzamento

Sposi e genitori non ci si improvvisa. Bisogna prepararsi seriamente al matrimonio. Sembra che molti si trovino sposati senza averlo voluto realmente e che tanti si sposino in Chiesa senza sapere che cosa fanno. Il fidanzamento va riscoperto e presentato come un importante tirocinio della coppia per una maturazione spirituale del rapporto affettivo. Esso è un tempo di grazia che trae forza dal battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere concretizzata. È un tempo di formazione caratterizzato da una propria spiritualità. È un tempo di testimonianza e di azione ecclesiale che ha le caratteristiche di una specifica solidarietà di coppia.

Il fidanzamento non va vissuto solo come preparazione al matrimonio, ma anche come un tempo importante in se stesso e da vivere come grazia e in particolare come un tempo di ricerca vocazionale.

In questo periodo di tempo i fidanzati sono tenuti a interrogarsi sulla stessa vocazione al matrimonio e sulla reciproca scelta. Il fidanzamento è un tempo di conoscenza di sé e delle proprie capacità nell’arte difficile dell’amare e del comprendersi, superando a poco a poco il proprio egoismo e aiutando l’altro a fare altrettanto.

Il fidanzamento non è una stagione della vita da mettere tra parentesi perché ha le sue grazie, la sua preghiera, le sue ricchezze e le sue povertà.

La preparazione immediata al matrimonio

La pastorale dei fidanzati si è finora quasi esclusivamente ridotta alla preparazione immediata al sacramento del matrimonio. Essa deve essere una vera e propria evangelizzazione degli adulti e spesso dei lontani. Essa avviene in un momento particolare della loro vita, quando sono disponibili a cambiare anche l’orientamento dell’esistenza perché affrontano il fatto di lasciare padre e madre e di assumere responsabilità definitive, in rapporto affettuoso e intenso con un’altra persona. Questo è dunque tempo di conversione e di grazia.

Molte coppie che si rivolgono alla Chiesa per celebrare il loro matrimonio, di fatto non chiedono alla Chiesa quello che essa vuole offrire loro e cioè l’incontro con Gesù il salvatore, il compagno di viaggio, il modello, il Signore della loro vita. La Chiesa, con tanta bontà e senza atteggiamenti di rimprovero e di ricatto, deve assumere le sue responsabilità nei loro confronti: sono i suoi figli tanto bisognosi di una evangelizzazione nuova e globale. Ai fidanzati non va offerto un cristianesimo dimezzato, ma tutta la verità della fede cristiana, compresa una seria e rinnovata iniziazione ai sacramenti che porti alla vita sacramentale e conduca a una esistenza nuova in Cristo, allo spirito delle beatitudini, al comandamento nuovo dell’amore reciproco, alle opere di misericordia, alla testimonianza missionaria.

La pastorale per le giovani coppie

Oltre al tempo del fidanzamento vi è un altro tempo che merita un’attenzione speciale da parte della Chiesa e nei riguardi del quale la pastorale della Chiesa appare ancora inadeguata: il tempo dei primi anni del matrimonio. La Familiaris Consortio richiama questa esigenza e ne sollecita l’impegno: Come ogni realtà vivente, anche la famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo la preparazione del fidanzamento e la celebrazione sacramentale del matrimonio, la coppia inizia il cammino quotidiano verso la progressiva attuazione dei valori e dei doveri del matrimonio stesso... L’azione pastorale della Chiesa deve essere progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia, accompagnandola passo passo nelle diverse tappe della sua formazione e del suo sviluppo (FC, 65)... La cura pastorale della famiglia regolarmente costituita significa, in concreto, l’impegno di tutte le componenti della comunità ecclesiale locale nell’aiutare la coppia a scoprire e a vivere la sua nuova vocazione e missione... Ciò vale soprattutto per le giovani famiglie, le quali trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, a eventuali difficoltà, come quelle create dall’adattamento alla vita comune e dalla nascita dei figli (FC, 69).

Il matrimonio introduce gli sposi nel mistero della grazia e della missione sponsale. I due giovani sposi per primi sono chiamati a essere l’uno per l’altro guida in questo cammino di scoperta della realtà umana e divina che li costituisce coppia. Ma in questo cammino non possono essere lasciati soli: la comunità ecclesiale, nella quale e per la quale sono diventati una carne sola nel Signore, non li può abbandonare: essi hanno il diritto di essere accompagnati.

Dunque la comunità ecclesiale in tutte le sue espressioni e dimensioni deve sentirsi responsabile delle giovani coppie. Il matrimonio è una realtà nuova, ricca di risorse e irta di difficoltà interiori ed esteriori, spirituali e naturali. La maturazione delle giovani coppie è segnata da autonomia nei confronti delle famiglie di origine in vista di un percorso originale, unico e irripetibile. L’avvenire della famiglia passa attraverso la coppia. L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia (FC, 86).

I primi anni di matrimonio sono il cammino che gli sposi percorrono per giungere a una vita vissuta in coppia e con i figli. Questo esige che ciascuno esca da se stesso per realizzare una comunione totale con il coniuge, per assumere con responsabilità il ministero del dare la vita e per entrare nell’alleanza con Dio divenendo pienamente responsabile della vita dell’altro. I giovani sposi possono contare su risorse abbondanti di grazia e di natura per realizzare questo progetto umano e divino insieme. È importante ricordare che l’educazione non è riservata solo ai bambini. Tutti siamo inseriti in un cammino di formazione permanente. Ogni persona mantiene, anche da adulta, una capacità di cambiamento, di miglioramento o di peggioramento. Per questo ognuno deve trafficare i talenti propri della sua stagione di vita. La responsabilità che le giovani coppie sono chiamate ad assumersi devono rispettare un giusto equilibrio tra le esigenze di presenza e di impegno all’interno della coppia e della famiglia e quelle all’esterno nella professione e nella vita ecclesiale e sociale. In caso di dubbio o di conflitto tra queste esigenze, gli sposi non esitino a privilegiare il loro primo dovere che è quello di essere coppia e famiglia.

La comunità ecclesiale deve riconoscere che la coppia degli sposi ha una propria originalità e dei propri ritmi di crescita che devono essere rispettati. Tutti nella comunità devono essere consapevoli del fatto che un uomo e una donna stanno costruendo un modo nuovo di vivere e una comunità di vita nuova. Per questo bisogna apprezzare e accogliere il messaggio di vita e di speranza che è in loro e rispettare i loro tempi di crescita senza intrusioni e senza pretendere da essi servizi pastorali o sociali per i quali la coppia non è ancora matura o che potrebbero in qualche modo mettere in pericolo la sua compattezza reale. Per evitare questo, è bene che gli sposi lavorino in coppia ogni volta che questo è possibile, almeno all’interno della comunità cristiana.

Per creare gruppi di coppie che condividono gli ideali del matrimonio cristiano non basta radunarle in qualche modo, ma bisogna offrire loro dei contenuti e delle motivazioni validi e allettanti. E per fare loro delle offerte interessanti occorre conoscerle, ascoltarle e comprendere il loro linguaggio e i loro problemi.

Occorre stabilire con loro una comunicazione positiva e affettuosa. Si deve, in particolare, riflettere con loro su ciò che è necessario per fare coppia affinché diventino veramente salvatori uno dell’altro e responsabili dei figli che hanno messo al mondo, educandoli secondo il vangelo, per costruire insieme con essi una piccola chiesa domestica.

Una pastorale seria e attenta della comunità ecclesiale non può trascurare le coppie dei conviventi e degli sposati col solo rito civile, anzi deve predisporsi a iniziare con loro un dialogo serio e rispettoso per avviare e sostenere un cammino di fede che li conduca, senza indebite pressioni o ricatti, a una scoperta del valore cristiano del matrimonio.

Il sacerdote e la famiglia

L’eucaristia è la comunione con Gesù Cristo che dà se stesso, il proprio corpo e il proprio sangue, per la salvezza di tutti. Il matrimonio è un’attuazione e determinazione particolare di questa comunione. Il matrimonio cristiano è considerato, secondo la proposta di san Paolo in Ef 5,25, soprattutto nell’aspetto di donazione che gli è intrinseco. Nel dono reciproco i coniugi cristiani esprimono e mettono in evidenza ciascuno la propria comunione al Cristo dell’eucaristia, cioè al Cristo che dona se stesso per compiere la salvezza degli altri. La stessa carità dell’eucaristia alimenta la carità del matrimonio; la stessa grazia dell’eucaristia opera nel matrimonio; lo stesso Spirito dell’eucaristia anima e vivifica il matrimonio. Per questo si vede molto bene l’importanza decisiva della vita eucaristica per la spiritualità coniugale e familiare e si coglie altrettanto bene il primo fondamentale legame tra il ministero sacerdotale e la vita della coppia e della famiglia cristiana. Il presidente della celebrazione eucaristica svolge un servizio specifico per la vita matrimoniale: è il ministro del dono della comunione con Cristo per la vita di comunione degli sposi.

La messa domenicale e festiva è per eccellenza la convocazione delle famiglie per la rinnovazione sacrificale dell’alleanza nuova, dalla quale si attinge la forza della comunione all’interno della singola famiglia e delle famiglie cristiane tra di loro.

Il sacerdote deve essere suscitatore ed educatore di famiglie cristiane dove gli sposi, in forza dei sacramenti ricevuti, sono testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa (LG, 41).

Gli sposi devono sapere che sono inviati da Dio in missione ad annunciare il vangelo l’uno all’altro, e i genitori inviati in missione ai figli e i figli ai genitori. Poi le famiglie cristiane devono sentirsi inviate in missione alle altre famiglie per annunciare il vangelo della salvezza, testimoniando la propria felicità familiare dovuta alla novità cristiana del loro matrimonio e prendendo parte con i propri carismi e le proprie esperienze particolari alla pastorale comunitaria della comunità.

Il compito del sacerdote è quello di suscitare, coordinare e guidare l’esercizio di questi compiti specifici della famiglia cristiana.

Il servizio del sacerdote alla famiglia deve, infine, svolgersi sul piano della testimonianza dell’amore misericordioso e dell’amore verginale.

Il sacerdote è il ministro della riconciliazione (2 Cor 5,18-20). I coniugi devono poter vedere nei loro preti la trasparenza della misericordia del Padre rivelata in Gesù venuto non per giudicare, ma per salvare, intransigente con il male, ma misericordioso verso i peccatori. Nelle loro difficoltà, i coniugi ritrovino sempre nella parola e nel cuore del sacerdote l’eco della voce e dell’amore del Redentore (HV, 29).

I sacerdoti vivono il loro ministero con il carisma del celibato evangelico e perciò proclamano agli sposi cristiani e alle famiglie il profondo significato spirituale e il compimento futuro del matrimonio. Quanto al prete che vive lietamente e gioiosamente il suo celibato sacerdotale, egli ha una grazia propria e una libertà per aiutare le coppie, tutte le coppie, a costruire il loro amore e a farlo sviluppare nelle linee del vangelo... Egli esperimenta, e con lui le famiglie, quanto i sacramenti e i carismi vissuti nella chiesa siano complementari e concorrano a edificare il corpo di Cristo e a riunire nell’unità il popolo di Dio (Card. J. Suenens).

Il Vangelo della carità per i chiamati al matrimonio

Nell’edificazione di una comunità ecclesiale unita nella carità e nella verità di Cristo, è fondamentale la testimonianza e la missione della famiglia cristiana. Costituita dal sacramento del matrimonio "chiesa domestica", la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la sua Chiesa (FC, 17). Essa è il primo luogo in cui l’annuncio del vangelo della carità può essere da tutti vissuto e verificato in maniera semplice e spontanea: marito e moglie, genitori e figli, giovani e anziani. Il rapporto di reciproca carità fra l’uomo e la donna, primo e originario segno dell’amore trinitario di Dio, la fedeltà coniugale, la paternità e maternità responsabile e generosa, l’educazione delle nuove generazioni all’autentica libertà dei figli di Dio, l’accoglienza degli anziani e l’impegno di aiuto verso le famiglie in difficoltà, se praticati con coerenza e dedizione, in un contesto sociale spesso non disponibile e anche ostile, fanno della famiglia la prima vivificante cellula da cui ripartire per tessere rapporti di autentica umanità nella vita sociale.

La pastorale di preparazione e formazione al matrimonio e la cura pastorale, morale e culturale delle famiglie cristiane rappresenta un compito prioritario della pastorale.

Sottolineiamo tre aspetti dell’identità cristiana del matrimonio che occorre far conoscere ai fidanzati e agli sposi.

a) Vocazione all’unità

La vocazione al matrimonio è innanzitutto vocazione all’unità, perché i due formano una carne sola, come il Cristo e la sua chiesa (Gen 2,24; Ef 5,31-32), per cui ciascuno è chiamato ad amare l’altro come se stesso. Gli sposi devono mettere tutto in comune, senza che nessuno dei due si senta proprietario dell’altro e si comporti come tale. Ricercare l’unità spirituale giorno dopo giorno, resistendo alla tentazione di ridurre l’altro a se stesso, strumento dei propri gusti, piaceri, interessi, è la difficile ed esaltante ascesa della vita a due. Questo richiede la preghiera comune, la castità coniugale e il coraggio del perdono reciproco.

b) Vocazione al dono della vita

La vocazione matrimoniale è vocazione al dono responsabile della vita. La comunione matrimoniale tende di natura sua a espandersi nella comunità familiare per cui la coppia diventa famiglia con la generazione dei figli. Tutta la storia sacra dell’alleanza è scritta dalle generazioni, da quella di Adamo a quella di Abramo, da quella di Davide a quella di Maria. Questa storia sacra continua nella chiesa attraverso le generazioni degli sposi cristiani. Questo aspetto della verità rivelata è spesso ignorato e disatteso dalle coppie cristiane. Gli sposi sono chiamati a far proseguire la storia sacra, la storia della Chiesa di oggi. Nel mistero della concezione e della nascita di una persona umana, Dio stesso è il protagonista, perché la vita originariamente dal suo amore trinitario attraverso la sua parola creatrice, e gli sposi ne sono i collaboratori, chiamati a partecipare a quella paternità e maternità divina di cui ci parla la Bibbia. Diventare consapevoli di tale verità permette di avvertire la trascendente grandezza, l’ineffabile gioia, e insieme di affrontarne con fiducia ogni difficoltà vincendo tutte le paure, sia psicologiche che sociali ed economiche.

A questo riguardo si deve dire apertamente che non poche di queste difficoltà sociali ed economiche dipendono da precise responsabilità socio-politiche. Lo stato ha il dovere di sviluppare una politica della casa e una politica demografica che rendano accessibili a tutti la costituzione di nuovi nuclei familiari e rispettino la libertà di chi crede in una famiglia numerosa. La famiglia viene prima dello stato. Deve essere la verità della famiglia a ispirare le norme statali e non il contrario. Lo stato non può decidere la natura della famiglia, la deve rispettare e servire.

Le giovani coppie hanno soprattutto bisogno di essere aiutate a scoprire il valore e la bellezza della procreazione e quindi della paternità/maternità responsabili, reagendo alla mentalità corrente che considera i figli come un peso. Il rifiuto programmato del figlio o la subordinazione ad altro scopo che non sia lui stesso - ogni figlio è un valore in sé e per sé, perché è persona umana, e come tale va voluto, considerato e trattato - è la prima causa di una società ingiusta e violenta, che non è più capace di rispettare ogni vita umana per se stessa e in ogni momento della sua esistenza. Lo stesso problema della vocazione alla vita sacerdotale o religiosa dipende dall’atteggiamento che le giovani coppie tengono nei confronti dei figli, perché soltanto là dove vi è questa visione cristiana della vita coniugale come dono generoso della vita, si può essere pronti a donare a Dio un proprio figlio o figlia per il sacerdozio o per la vita consacrata.

E perché si abbia la luce per comprendere dal di dentro e la forza per volere e vivere questa novità cristiana nei riguardi della vita e della generazione occorre tanta preghiera personale e familiare.

c) Vocazione alla santità

La vocazione matrimoniale è vocazione alla santità, a cui tutti siamo chiamati. Marito e moglie, proprio facendo gli sposi e i genitori, si santificano reciprocamente. Non è facendo altro che si tende alla perfezione cristiana, ma vivendo ognuno secondo Dio all’interno delle realtà e degli impegni quotidiani che caratterizzano la propria vocazione.

Comportarsi in maniera degna della propria vocazione (Ef 4,1-3) significa vivere nello Spirito di Cristo la vita di fede, speranza e carità nello specifico della propria condizione di vita.

L’essere una sola cosa nello spirito e nel corpo, l’essere responsabili e generosi nel donare la vita, colloca gli sposi in quel mistero di comunione tra i cristiani che manifesta nella storia la comunione trinitaria e permette agli uomini di riconoscere in Gesù di Nazaret il figlio inviato dal Padre, rivelatore del suo ineffabile amore.

Gesù ha pregato: Come tu, Padre, sei in me e io in te siano anche essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato... Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me (Gv 17,21-23).

Dunque, vivendo l’unità sponsale nel dono totale dell’uno all’altro per donare la vita, gli sposi si scoprano missionari: annunciano al mondo che Dio ama tutti come ama il Figlio Gesù. È la dimensione missionaria intrinseca alla vocazione matrimoniale e familiare che va ricordata ai fidanzati perché vi si preparino e agli sposi perché la vivano. Essi devono sapere di essere protagonisti dell’annuncio cristiano di salvezza, protagonisti nella chiesa, vivendo il loro essere chiesa domestica, e, nella società, vivendo il loro essere famiglia, cellula originaria della società. La nostra chiesa di oggi ha bisogno più che mai di questa missionarietà perché vive in una società che accetta e diffonde concezioni e modi di vita matrimoniali e familiari riduttivi e spesso negativi.

Gli sposi e i genitori cristiani evangelizzano con il loro modo di vivere il matrimonio cristiano come esperienza reale, possibile e piena di senso.

In questa prospettiva essi sono inviati al servizio delle altre coppie collaborando alla pastorale in loro favore, promuovendo incontri e gruppi familiari, organizzando centri di ascolto per le famiglie in difficoltà, aprendo la loro casa all’accoglienza, accettando esperienze di affido e di adozione, sostenendo i consultori familiari e i centri per la regolazione naturale della fertilità, partecipando all’impegno sociale più diretto perché politica ed economia, siano più rispettose e attente ai diritti primari della persona e della famiglia.

E tutto questo è possibile con l’aiuto della fede e della preghiera: Se avrete fede e non dubiterete... anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete (Mt 21,21-22).

Preghiera degli sposi

Ci hai chiamati, Signore, a fondare insieme questa famiglia; dacci la forza d’animarla del tuo amore il quale possa sostenere tutti quanti vivranno in essa.

Che la nostra casa sia accogliente a quanti vorranno riscaldarsi. Insegnaci a progredire nell’aiuto reciproco sotto il tuo sguardo, a fare la tua volontà tutti i giorni della nostra vita, a manifestarti i nostri progetti, a offrirti le nostre gioie e le nostre sofferenze, a portare a te i figli che ci vorrai dare.

Ti ringraziamo del nostro amore, tu che sei l’amore, Signore.