SPOSARSI IN CHIESA


(Pedron Lino)

 

Sposarsi in chiesa è una scelta di fede e una responsabilità nei confronti della missione propria del matrimonio cristiano.

L’importanza di questa scelta non riguarda solo coloro che sono prossimi alle nozze. Il matrimonio cristiano ha la missione di testimoniare nell’amore coniugale e familiare l’amore di Dio e quindi è tutta la Chiesa che vive in ogni matrimonio cristiano una nuova possibilità di nascere, di vivere e di rivelarsi attraverso la vita di nuove famiglie.

Ogni cristiano ha il diritto di ricevere la rivelazione dell’amore di Dio dalle comunità che Dio ha consacrato a questo scopo, e tra queste la famiglia ha un posto importante.

Ogni uomo, credente o no, ha bisogno di essere raggiunto dall’amore di Dio, e la famiglia, nella sua vita d’amore, costituisce uno dei messaggi più capaci di rivelare le diverse manifestazioni dell’amore di Dio nella vita dell’uomo. Per questo è urgente che la famiglia riscopra la sua missione di evangelizzazione: quella di annunciare al mondo l’amore di Dio.

I problemi che la famiglia deve risolvere sono tanti, ma questa missione di evangelizzazione non è un problema da mettere all’ultimo posto, dopo aver risolto tutti gli altri. Non è neppure un problema di lusso o di raffinatezza religiosa che devono prendere in considerazione solo i più buoni o i più santi.

Le parole del Signore: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35) danno all’evangelizzazione un’ampiezza tale che raggiunge e coinvolge il matrimonio in ogni suo momento e ne fa un messaggio che rivela Dio e arricchisce l’uomo. Tutto diventa annuncio dell’amore di Dio: il fidanzamento, la celebrazione del matrimonio, l’intimità coniugale, la nascita dei figli, la preghiera familiare: ogni momento in cui genitori e figli si aprono a Dio.

La famiglia pone l’uomo nella condizione voluta da Dio per accogliere la buona novella dell’amore (Gen 2,18-25). Il linguaggio della famiglia è la forma più naturale ed efficace della presentazione del messaggio di amore di Dio; ed è soprattutto la famiglia che deve preparare, accompagnare e sviluppare l’incontro dell’amore di Dio con l’amore dell’uomo che avviene nella fede, nei sacramenti e nella vita cristiana coerente.

 

L’amore dei fidanzati evangelizza il mondo

L’amore dei fidanzati può sembrare un amore chiuso, provvisorio e destinato a sopravvivere come un ricordo nostalgico. In realtà il fidanzamento vero non è isolamento, ma raccoglimento per conoscere se stesso e l’altro e per trovare una grande fiducia in sé, nell’altro e nella vita. Il fidanzamento è un vero annuncio dell’amore di Dio perché la Bibbia ci dice che anche Dio ama così. Più volte nella Bibbia l’amore di Dio è tradotto in termini di fidanzamento con l’uomo.

Il fidanzamento è il momento dell’amore (forse) più contemplativo, più entusiasta e più manifestato all’esterno: è il momento che pone i fidanzati di fronte alla dimensione misteriosa dell’amore umano nella quale è possibile raggiungere, o almeno intravedere, la profondità della sorgente dell’amore divino.

Dall’amore contemplativo dei fidanzati, dall’amore che vede in profondità il bello e il buono che Dio ha seminato in tutti, tutti dobbiamo imparare la strada del vero amore; noi non dobbiamo amare gli altri solo perché Dio lo ordina e neppure dobbiamo amarli perché sono nostri fratelli: c’è troppo legalismo in questi motivi: dobbiamo amarli perché abbiamo scoperto in loro il bello e il bene anche sotto le incrostazioni, la bellezza e la bontà anche sotto le apparenze. Dio trasforma ogni passo dell’amore umano in amore divino.

L’amore dei fidanzati, nella sua capacità di tradursi in dialogo intenso e frequente, pieno di gioia e di speranza, è un modo di amare che deve ispirare anche l’amore degli sposati, dei sacerdoti e dei religiosi, perché le varie forme di amore cristiano si richiamano, perché l’amore di Dio si rivela, come in tante sfaccettature, nei tanti modi di amarsi degli uomini.

La comunità cristiana deve dunque assorbire e accogliere questo messaggio evangelizzante del fidanzamento; esso può arricchire la comunità cristiana di una particolare tonalità di amore e donare all’evangelizzazione una parola particolare e necessaria.

Tra fidanzati e comunità cristiana deve esistere un ricco scambio di vitalità e di evangelizzazione. La parrocchia non deve ridursi a un ufficio per i documenti o a un punto di passaggio obbligato per la celebrazione del matrimonio. I fidanzati devono trovare nella loro comunità cristiana il messaggio evangelico di Cristo che illumina il momento attuale del loro amore.

La comunità cristiana deve offrire a tante coppie, incerte nella loro fede, un’occasione di riscoperta e di dialogo religioso. Deve, inoltre, accompagnare e aiutare i fidanzati a capire che il fidanzamento è ricerca del disegno di Dio per i due fidanzati e per la famiglia che da essi nascerà.

I fidanzati non devono solo prendere dalla comunità cristiana, ma anche dare. Il fidanzamento è una vocazione d’amore e un tempo di grazia in cui è presente il dono di Dio che unisce. La comunità cristiana ha un profondo bisogno della presenza viva dei fidanzati perché il loro amore non è solo un messaggio umano, ma è anche voce di Dio.

I fidanzati possono offrire un prezioso contributo all’intera comunità cristiana con la loro presenza attiva e responsabile. Senza di loro la comunità cristiana manca di una voce importante nel coro dell’amore umano e divino.

 

Il matrimonio è parola di Dio

Come ogni sacramento anche il matrimonio non è solo un incontro rassicurante con Dio che mi ama. Ogni sacramento è l’attuazione del disegno di Dio Padre che mi chiama e mi manda nella vita offrendomi doni che non sono solo per me, ma per una missione, per un compito da realizzare in me e nella comunità.

Qual è il compito che Dio affida agli sposi nel sacramento del matrimonio? Rispondiamo subito e senza esitazione. Il compito principale che Dio affida agli sposi è l’evangelizzazione. L’amore di un uomo e di una donna nel matrimonio diventa, per l’intervento di Dio e con la collaborazione delle due persone che si amano, una parola nella quale Dio stesso si esprime, una buona novella dell’amore di Dio annunziato al mondo.

Questo intervento di Dio non cancella affatto l’iniziativa, la creatività e la responsabilità umana, anzi, l’impegno di amore vicendevole degli sposi riceve una ulteriore responsabilità dalla missione che Dio offre loro nel sacramento del matrimonio. L’amore degli sposi assume così un altro ruolo nella storia dell’umanità e nella Chiesa: essi si impegnano a offrirsi vicendevolmente un amore tale da poter offrire anche a Dio questo stesso rapporto perché lo trasformi in manifestazione del suo stesso amore per l’umanità.

Il matrimonio è rapporto, è più vero quanto più è rapporto e provoca la crescita degli sposi e genera la vita dei figli proprio perché è rapporto di due vite che fanno unità.

Partendo dal matrimonio, capito bene, è facile capire il Dio annunziato da Cristo. Dio non è un celibe, ma una comunità di persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; e queste tre persone vivono uguali e distinte nel rapporto trinitario.

Questa rivelazione dell’amore trinitario non è più tanto misteriosa quando è spiegata dalla vita di due sposi nella loro unità che non li assomma e non li confonde, ma invece è unità che li distingue pur richiamandoli continuamente ad essere vita uno dell’altro e vita oltre se stessi, nei figli: proprio come la Trinità che fiorisce in generazione e creazione.

Nel matrimonio, tutte le energie, tutte le manifestazioni e le circostanze che aiutano a creare e a rendere più profondo il rapporto non sono più solo energie fisiologiche o psicologiche, circostanze o avvenimenti, sono realtà che aiutano a capire e a rendere presente un Dio che è rapporto trinitario, un Dio che ha creato uomini simili a lui anche nella capacità di rapporto, un Dio che ha voluto legare due esseri nel matrimonio come modello capace di ispirare ogni altro rapporto fra gli uomini nella Chiesa e nella società.

Il matrimonio non ci rivela solo un Dio che attraverso gli sposi ci fa partecipi del suo modo di essere trinitario, ma ci comunica anche il suo modo di amare.

L’amore indissolubile del matrimonio cristiano che impegna il coniuge ad amare sempre, anche il coniuge infedele, a molti può sembrare incomprensibile.

Ma quando questo amore fedele e incrollabile, che si offre anche a chi non lo merita o a chi lo rifiuta, viene posto in relazione con l’amore di Dio che non si lascia deludere dagli uomini, quando viene messo in relazione con l’amore di Cristo che è follia per i pagani e stoltezza per gli ebrei, allora questo amore che ama lo sposo infedele diventa cristianamente più comprensibile, anzi necessario.

Esso è un momento faticoso, eroico, ma necessario e valido per conservare all’amore coniugale la capacità sacramentale di rivelare e trasmettere l’amore di Dio, per conoscere di quale amore Dio ci ami e quale speranza sia aperta alle nostre infedeltà che non distruggono l’attesa dell’amore di un Dio che non si lascia deludere.

L’amore degli sposi ci insegna che Dio non ci ama come persone fatte in serie o come persone astratte dal mondo delle cose. Dio ha offerto a ognuno di noi un ambiente, un periodo preciso della storia, un temperamento... perché rispondiamo alla sua chiamata e andiamo a lui con la nostra concreta personalità, senza disincarnarci mai.

Conosciamo questo modo di attenderci di Dio attraverso la sua incarnazione, ma anche attraverso il modo di amarsi dei coniugi. Essi traducono il grande comandamento dell’amore nello spessore quotidiano della vita; il loro amore è vero perché non è accettazione di una persona astratta e sognata, ma di una persona che vive e si esprime nelle cose che possono essere grandi o piccole, ma che non possono mai essere insignificanti per l’altro.

Questa apertura degli sposi ad amare l’altro nell’incarnazione dei suoi tanti momenti ha un aspetto che è ancora più importante, anzi essenziale alla validità del rapporto matrimoniale.

La vocazione di uno sposo ad amare l’altro non deve fermarsi alla sua persona. La coppia deve acquistare un respiro di universalità, di apertura, di partecipazione alla vita della società e del mondo e assumersi la responsabilità di tanti problemi degli uomini vicini e lontani.

Questa dimensione non dissolve l’amore coniugale nell’amore universale; non dissipa l’intimità nell’universalità; anzi è dimensione che arricchisce la vita dei coniugi di una vera visuale d’amore, in cui un coniuge diventa per l’altro una capacità e un’occasione di amore universale.

Senza questo modo di amarsi, l’amore è pericoloso; chiuso nella coppia diventerebbe monotono; trattenuto tra i due non rende feconda la loro potenzialità di amore per tutta l’umanità. Senza questo modo universale di amarsi, il matrimonio cristiano non riesce a tradurre visibilmente per tutti gli uomini il modo con cui Dio Padre ama gli uomini e il precetto con cui il Cristo ci insegna che ogni amore di uomo non è amore se non è aperto a tutti gli uomini. E non solo quello coniugale, ma ogni amore umano, senza questa apertura, diventa limitato, altera se stesso per diventare possessivo, razzista, nazionalista, provocatore di fratture e di odio.

Un amore coniugale aperto invece aiuta i coniugi a non cadere nell’isolamento e così, ispirandosi all’amore aperto di Dio, questo amore coniugale diventa esempio anche per ogni altra espressione d’amore nella vita sociale ed ecclesiale.

L’amore degli sposi attraverso l’intimità del rapporto coniugale che è fatto di spirito e di corpo, più di ogni altra forma di amore ci rivela una caratteristica dell’amore di Dio: nel matrimonio spirito e corpo si richiamano esaltandosi uno nell’altro e integrandosi sino a far crescere l’unione, l’amore, la vita, le vite.

Questo modo di amarsi dei coniugi ci fa capire meglio l’amore di Dio che, Spirito si incarna nel Cristo, nella Chiesa, nei sacramenti, nella storia, negli avvenimenti, per rendere più intimo l’incontro degli uomini con il Padre e dei fratelli fra di loro.

Un’esigenza di questo intimo richiamarsi di corpo e spirito nell’amore coniugale è il parlarsi: nella parola, animata dallo spirito e tradotta dal corpo, è contenuta una gran parte del cammino di amore di due coniugi. Non c’è matrimonio senza la parola che dichiara l’amore, senza la parola che lo traduce, lo prepara, lo trasmette.

Ma la parola è essenziale all’amore perché essa appartiene all’essenza di Dio che è amore e al modo di rivelarsi dell’amore. Il matrimonio ci rivela che Dio è Parola che si incarna; che è un Dio che parla; che il nostro rapporto con lui è inconcepibile senza l’ascolto della sua parola e senza la mia risposta nella liturgia e nella preghiera.

Più profondamente e più visibilmente di ogni altra forma di amore umano, l’amore dei coniugi rivela un aspetto profondamente cristiano dell’amore di Dio: Dio vuole avere bisogno degli uomini. Due coniugi nell’amarsi si dicono vicendevolmente poveri, così poveri da aver bisogno l’uno dell’altro. Anche il nostro Dio si è rivelato povero: ha voluto aver bisogno della nostra collaborazione; perché l’amore che si dona è grande, ma l’amore che vuole aver bisogno dell’altro è più rispettoso, meno invadente, meno paternalista. Così è l’amore di Dio che ha voluto aver bisogno delle nostre labbra per la sua parola, della nostra vita per la sua Chiesa, della nostra testimonianza per rendere credibile il suo amore.

La vita degli sposi rivela modi e momenti dell’amore di Dio perché è vita aperta al suo amore che la feconda, è una vita aperta allo Spirito Santo. La Chiesa deve collaborare con lo Spirito di Dio, illuminando, seguendo con cura e accogliendo ogni coppia di sposi e favorendo gli incontri delle coppie.

L’incontro delle coppie non è solo un’iniziativa, ma un modo di essere della comunità parrocchiale, che in questo modo rende visibile la testimonianza della bella notizia dell’amore di Dio attraverso l’amore coniugale.

È importante che gli sposi siano presenti come sposi, come coppia, ai diversi livelli della vita ecclesiale (consigli pastorali, catechesi, celebrazioni liturgiche...): una presenza solo dei singoli sposi non sarebbe veramente rappresentativa e trascurerebbe i valori di una comunità essenziale come quella dei coniugi e della famiglia.

La comunità cristiana dovrà avere un impegno costante e un’attenzione tutta particolare verso i momenti in cui gli sposi sono chiamati alla più esplicita testimonianza di evangelizzazione attraverso la preparazione dei fanciulli ai sacramenti e dei fidanzati al matrimonio, perché gli sposi catechisti e il loro amore sono evangelizzazione più facile, più evidente, più convincente che non tanti discorsi e tanti sussidi.

La vita matrimoniale, per la sua ricchezza umana e divina, può offrire tanta ispirazione alla predicazione, che è un momento privilegiato dell’annuncio del vangelo: il sacramento del matrimonio è una ricchezza permanente e una crescita continua che deve arricchire la vita di tutta la comunità ecclesiale. La vita coniugale deve essere presentata come modello e insegnamento e proprio per questo gli sposi dovrebbero sentirsi impegnati a tradurre nel loro amore sempre più grande, l’amore infinito di Dio.

 

La famiglia è chiesa che annuncia il Vangelo

La famiglia è chiamata ad essere chiesa, non in qualche momento particolare o eccezionale, ma sempre, in tutti i momenti essenziali e normali, quali: l’amore che unisce i componenti della famiglia, il vicendevole aiuto per crescere, la generazione della vita, la sua educazione e la sua crescita, il dialogo educativo all’interno e all’esterno della famiglia, la corresponsabilità che i genitori assumono di fronte alla vocazione dei figli che sono chiamati al battesimo, alla cresima, all’eucaristia...

La famiglia cristiana è una comunità nella Chiesa; è diventata Chiesa, proprio in quanto famiglia-comunità di battezzati.

Leggiamo nel catechismo dei bambini: Sposarsi in Cristo e nella Chiesa è una risposta all’invito del Padre a costruire una casa, come Chiesa domestica (n. 75); le famiglie cristiane che nascono dal sacramento sono comunità del popolo di Dio (n. 64) e di conseguenza nelle case si fa presente la Chiesa e le famiglie sono chiamate Chiese domestiche (n. 65).

Anche nelle case, Gesù continua la sua opera di profeta, di maestro, di sacerdote, di salvatore, di amico e di pastore, mediante il servizio educativo dei genitori (LG 70).

Solo ora la famiglia è diventata Chiesa? La famiglia-Chiesa non è una novità né tanto meno una invenzione recente.

Le parole del vangelo: Ciò che Dio ha congiunto (Mc 10,9); Sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,18) hanno avuto vasta e precisa risonanza in Paolo: Mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la sua Chiesa e ha dato se stesso per lei (Ef 5,22), in san Giovanni Crisostomo: Della tua casa fai una Chiesa e in sant’Agostino: Consideriamo le vostre case come una piccola Chiesa di Cristo.

Se nel nostro tempo la dottrina si è fatta più esplicita e l’azione pastorale si è fatta più attenta alla famiglia, ciò esprime il desiderio della Chiesa di essere sempre più Chiesa.

La Chiesa infatti, come ogni comunità d’amore, possiede energie immense, costanti e profonde che però manifesta all’esterno in forme diverse secondo le esigenze di crescita e i bisogni dei suoi membri.

La riscoperta della famiglia-Chiesa è un dono dello Spirito che corrisponde alla missione di evangelizzazione attuale della Chiesa nel mondo e ai bisogni della famiglia nella civiltà d’oggi.

La famiglia-Chiesa infatti assume una particolare importanza nella nostra società secolarizzata perché spesso solo attraverso di essa l’evangelizzazione può raggiungere efficacemente i membri della famiglia nelle diverse età.

Ma la riscoperta della famiglia-Chiesa non è solo un semplice tentativo di aggancio della famiglia alla Chiesa e neppure un correttivo al movimento di secolarizzazione: è una riscoperta teologica che accoglie e valorizza tutti i valori che la famiglia porta in sé.

La famiglia di oggi ha bisogno di dialogo a tutti i livelli.

La Chiesa domestica dialoga con il mondo e lo evangelizza per il fatto stesso che essa esiste come famiglia: essa offre la parola dell’amore di Dio nel proprio tempo e secondo le esigenze del proprio tempo. La famiglia-Chiesa rende presenti e attive in sé le persone di ogni condizione e di ogni età e si incarna capillarmente nelle vicende umane.

Nella Chiesa deve entrare lo stile famiglia che fa riscoprire il valore dei gruppi, delle associazioni, delle categorie, del vicinato...

 

L’evangelizzazione nella famiglia

Nella famiglia, ogni battezzato, per il sacerdozio universale di cui è rivestito, ha diritti e doveri di evangelizzazione; questi diritti e doveri non possono essere né delegati né rinunciati. La famiglia non è una comunità con iniziative a senso unico dai genitori ai figli, ma una comunità in cui tutti i componenti rispondono alla propria vocazione, si scambiano il dono di sé e si provocano vicendevolmente alla crescita nella vita, nella fede, nella comunità.

Gli sposi sono uno per l’altro annunciatori del vangelo nelle piccole e nelle grandi occasioni della vita. Ogni gesto d’amore di uno sposo manifesta anche un gesto d’amore in cui Dio ama la persona dell’altro. Ogni sposo adempie la sua missione di evangelizzazione del mondo orientando anzitutto la sua azione verso quel prossimo che è il coniuge cui è legato per la vita. I coniugi, che si sono promessi di condividere i grandi valori della vita, non possono avere un vero rapporto con il Padre se non si sostengono scambievolmente in questo rapporto con la preghiera e la testimonianza di vita.

La riscoperta dell’insostituibile missione evangelizzatrice dei genitori arricchisce il rapporto familiare e ristabilisce nelle giuste competenze il rapporto Chiesa-famiglia. La famiglia è responsabile della crescita fisica, psichica e culturale dei figli: essa è la prima responsabile anche della loro crescita religiosa. I genitori, nel linguaggio di amore umano, personale e profondo che anima la famiglia, hanno competenza e capacità uniche per trasmettere il messaggio religioso perché questo messaggio non è informazione e cultura, ma messaggio d’amore.

La Chiesa domestica, attraverso le iniziative dei genitori, collabora con la Chiesa universale in questo compito di annunciare il vangelo; ma non in una forma generica, ma con responsabilità specifiche e con caratteristiche proprie. La Chiesa domestica evangelizza soprattutto offrendo ai figli l’esperienza dell’amore reciproco dei genitori: L’opera educativa del Padre si manifesta nella vita dei bambini attraverso... il padre e la madre e l’amore che li unisce (Il catechismo dei bambini, n. 39).

Così l’amore fra i coniugi e l’amore dei genitori diventa evangelizzante perché è una premessa importantissima perché i figli possano comprendere durante la vita il messaggio di amore del Padre e di ogni persona e diventino capaci di stabilire un rapporto di amicizia con Dio e con gli uomini.

I genitori devono insegnare ai figli la profonda struttura del vero amore che non esclude mai nessuno, ma accetta tutti, pur con forme diverse nel modo e nell’intensità.

È evidente che in quest’opera così delicata i genitori non devono essere degli isolati o degli abbandonati. La diocesi e la parrocchia devono seguire i genitori con una presenza di integrazione e non di sostituzione. Questo sostegno non sarà mai però a senso unico: la diocesi e la parrocchia devono accogliere dalla Chiesa domestica tanti valori, tanta esperienza e tanta fecondità di bene.

L’infanzia, la fanciullezza, la giovinezza non possono essere raggiunte con formule universalmente valide, con esperienze liturgiche monotone, con proposte non adatte alla crescita dei singoli.

I genitori hanno certo le loro energie d’amore, di fede, di capacità, di età, ma devono anche di volta in volta cercare e accettare la collaborazione della parrocchia, della scuola, degli amici, dei gruppi, delle associazioni, dei corsi di aggiornamento...

Con tutti questi rapporti ben coordinati, la proposta della vita cristiana dovrebbe portare i figli a una scelta personale di larghe vedute e di convinzioni profonde. Durante tutto questo cammino, ai genitori occorrerà tanto coraggio e tanto sacrificio, tanta speranza e tanto amore. Un amore che sa affrontare i rischi della nuova personalità dei figli, affinché questi passino da una fede ereditata a una fede cosciente, da una vita ricevuta a una vita assunta responsabilmente in proprio.

Fra i tanti impegni di evangelizzazione dei genitori la preparazione diretta e responsabile dei figli ai sacramenti appare oggi particolarmente urgente. Il battesimo per essere un inizio umanamente serio e religiosamente significativo di un itinerario di fede, richiede molto più di un appuntamento per la celebrazione o di qualche incontro di istruzione: richiede un modo continuato di incontrarsi e di camminare insieme tra famiglia e parrocchia.

Anche nella preparazione alla cresima e alla messa di prima comunione il ruolo della famiglia deve essere primario e, pur richiedendo la collaborazione di tutti, non deve essere delegato a nessuno.

Le famiglie devono essere coinvolte nella preparazione ai sacramenti dei figli: anzi è tempo che i genitori diventino i catechisti privilegiati dei loro figli. È un impegno che richiede molta formazione e che non darà frutti immediati, ma è necessario e richiesto dalla logica del sacramento che investe tutta la famiglia, dalla logica di un lavoro formativo che diventa tanto difficile e spesso inutile, se manca la collaborazione dei genitori e un clima familiare adatto, dalla logica di una responsabilità e di una capacità in cui la famiglia precede ogni altra comunità.

Per una seria azione evangelizzante i genitori dovranno estendere la loro presenza responsabile anche alla scuola con un rapporto fatto di dialogo e non solo di attesa, fatto di suggerimenti e non solo di critiche, fatto soprattutto di partecipazione responsabile e attiva.

L’evangelizzazione raggiungerà tanto più profondamente i figli quanto la testimonianza cristiana dei genitori aprirà la famiglia verso la società e la impegnerà nell’opera caritativa e sociale.

Anche il modo con cui nella famiglia le diverse età vengono rispettate con affetto e capacità di dialogo e di scambio tra bambini, genitori e anziani, è un importante contributo che arricchisce l’evangelizzazione di una testimonianza particolarmente valida.

Concludiamo con un pensiero riassuntivo.

La famiglia, Chiesa-domestica, deve evangelizzare. La sua missione essenziale è di annunciare la buona novella di Dio che si dona e ci salva.